7/2/2019 La Ue taglia il Pil italiano a 0,2% - L’Ufficio bilancio arriva a 0,4% Pubblicando nuove e attese previsioni economiche, la Commissione europea prenderà atto oggi dell’evidente rallentamento congiunturale che ha colpito l’Europa negli ultimi mesi.
BRUXELLES
Pubblicando nuove e attese previsioni economiche, la Commissione europea prenderà atto oggi dell’evidente rallentamento congiunturale che ha colpito l’Europa negli ultimi mesi. Tutti i grandi paesi della zona euro subiranno un taglio delle stime di crescita per il 2019, in particolare l’Italia che potrebbe nel corso dell’anno assistere a una disperante stagnazione della sua economia, prevista nei fatti anche dall’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb).
Secondo un documento preparatorio che Il Sole 24 Ore ha potuto consultare, la Commissione europea ritiene che l’economia europea nella seconda metà del 2018 ha registrato «un ulteriore rallentamento del ritmo di crescita», rispetto al primo semestre. Bruxelles nota che l’espansione economica del quarto trimestre del 2018 è stata di appena lo 0,2% rispetto a una previsione d’autunno dello stesso esecutivo comunitario dello 0,5% del Prodotto interno lordo.
Una responsabilità particolare è da attribuire all’Italia, ormai in recessione dalla seconda parte del 2018. «Gli ultimi dati – spiega la Commissione europea nello stesso documento preparatorio – lasciano intendere che la debolezza economica è proseguita anche nel gennaio del 2019». Secondo le informazioni raccolte a Bruxelles, la Commissione ha ridotto allo 0,2% del Pil la stima di crescita per il 2019 (rispetto all’1,2% previsto in novembre).
«Dopo un po’ di mesi che si è al governo si deve passare dalla fase delle colpe alla fase delle soluzioni». ha detto ieri il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. Che ha aggiunto: Questo esecutivo « deve fare i conti con il rallentamento dell’economia globale, che non è colpa di questo governo, ma quest’ultimo deve affrontare la situazione con misure di rilancio dell’economia. Vogliamo aiutare questo esecutivo, se vuole ascoltare».
Drastica quindi la revisione delle previsioni comunitarie, da confrontare con le stime del ministero dell’Economia, ancora ufficialmente all’1,0% di crescita quest’anno. La Commissione non è sola: Oxford Economics si aspetta una nuova contrazione dell’economia italiana nel primo trimestre e prevede per l’anno un dato «vicino allo zero con rischi chiaramente al ribasso». L’Upb è un po’ meno pessimista: prospetta nel 2019 una crescita «non oltre lo 0,4%», cifra accompagnata da «fattori di rischio molteplici e orientati prevalentemente al ribasso». Anche per l’Upb il ritmo del Pil italiano potrebbe rivelarsi più modesto; anche perché l’eredità, del semestre di recessione 2018 è pesante, i primi tre mesi del 2019 si chiuderanno con un Pil piatto o in crescita negativa e per vedere segnali di ripresa bisognerà aspettare la seconda metà dell’anno.
La frenata che si allunga complica anche la gestione della super-Iva da 23,1 miliardi per il 2020 e 28,8 per l’anno successivo. L’Upb, come Bruxelles, non incorpora gli aumenti nella previsione di base, che per il prossimo anno ipotizza una crescita dello 0,8%. L’attivazione degli aumenti, aggiunge però la nota congiunturale, porterebbe con sé un effetto recessivo tutto sommato modesto, lo 0,2% del Pil. Ma l’effetto politico sarebbe assai più deflagrante, e proprio per questo i leader di maggioranza hanno già detto di voler stoppare anche queste clausole. Come, non è ancora chiaro.
Intanto, i dati di oggi a Bruxelles non riguarderanno debito e deficit, previsti per maggio. In quella occasione, Bruxelles farà anche il punto sulla situazione dei conti pubblici. L’andamento dell’economia fa temere un forte aumento del disavanzo. Roma ha promesso di congelare nel 2019 spesa pubblica per 2 miliardi nel caso di deriva delle finanze statali. Altri paesi dovrebbero subire oggi un taglio delle previsioni di crescita, in particolare la Francia, la Germania e l’Olanda. La Commissione, sempre secondo il documento preparatorio già citato, si aspetta nel 2019 una espansione dell’economia in tutti i paesi membri. Fattori positivi tali da sostenere la domanda interna sono ritenuti le condizioni sul mercato del lavoro, tassi d’interesse bassi, e una politica fiscale leggermente espansiva. |