9/9/2019 Non solo tecnicismi, leadership e capacità manageriale in primo piano In Italia il 93% delle imprese nel settore privato è controllato o gestito da una famiglia.
In Italia il 93% delle imprese nel settore privato è controllato o gestito da una famiglia. Inoltre, il 43% dei leader d'impresa è ultrasessantenne e la generazione di baby boomer, che hanno fondato o ereditato il business nella seconda parte del XX secolo, si troverà presto a tramandare l'impresa alla generazione dei millennial. Questo spiega perché il passaggio generazionale giochi un ruolo cruciale per il futuro dell’Italia – e più in generale dell’Europa – e il suo sviluppo economico e sociale.
Solo il 30% delle imprese sopravvive al passaggio dalla prima alla seconda generazione; solo il 12% arriva alla terza e solo il 4% alla quarta. Numeri che evidenziano come questi processi siano spesso problematici e non affrontati adeguatamente. Con un ulteriore elemento critico: in Italia oltre il 90% dei passaggi avviene in maniera non pianificata.
Spesso infatti il tema della successione è un argomento tabù e viene considerato – errore tipico – come un evento anziché un processo. In realtà la prassi aziendale e le conoscenze scientifiche dimostrano che si tratta di un iter lungo (in media dai sette ai 10 anni) che richiede la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti, compresi quelli esterni all’impresa. Né aiuta l’evoluzione socio-demografica degli ultimi decenni. L’età media è aumentata – non è raro imbattersi in capi-azienda ultraottantenni – il numero dei figli si è ridotto e il modello di tradizionale di famiglia è entrato in crisi. Ciò comporta una maggiore complessità e un allungamento del periodo di sovrapposizione tra la generazione senior e quella successiva, con una riduzione dei potenziali successori e maggiori occasioni di conflitto intergenerazionale.
I fattori di rischio (e come limitarli)
1. Inadeguata gestione delle relazioni con gli stakeholder e inappropriata comunicazione. La prassi aziendale è ricca di casi in cui gli stakeholder (clienti chiave, fornitori o banche) durante il passaggio generazionale interrompono le loro relazioni con l’impresa, non avendo ricevuto alcuna comunicazione del processo in corso e non avendo avuto l’opportunità di conoscere il nuovo leader. Al contrario, una comunicazione ben fatta riesce a gestire eventuali risentimenti con familiari e soggetti esterni, permettendo al successore di costruire la legittimazione che gli serve per esercitare la leadership.
2. Aspettative irrealistiche. Il leader d’azienda italiano vorrebbe come successore il clone di sé stesso. Bisogna invece sforzarsi di capire ed evidenziare le caratteristiche peculiari del proprio successore. Da un lato, è importante permettere le nuove generazioni nella condizione di guadagnarsi la leadership sul campo (decidendo e sbagliando); dall’altro, non va dimenticato che un successore di successo deve essere anche fortemente motivato a guidare l’azienda (e non tutti lo sono). Talvolta può essere necessario un innesto di manager esterni.
3. Distacco emotivo dall’azienda da parte del top management team. Spesso capita che i manager chiave abbandonino l’impresa durante il passaggio generazionale, ad esempio perché non si fidano delle doti del successore, mettendo a rischio la sopravvivenza dell’impresa stessa. Durante il processo di transizione è dunque importante creare occasione di interazione tra il successore e i manager chiave dell’impresa.
4. Inefficace gestione dei gap culturali e motivazionali tra il leader e il successore. È chiaro che si tratta di individui appartenenti a due generazioni differenti, tra i quali esistono gap sia di natura culturale – si pensi, ad esempio, alle nuove generazioni di millennials che sono rinomati per essere nativi digitali, multilingue, abituati a viaggiare rispetto ad una generazione senior con connotazioni differenti – sia di natura motivazionale – ad esempio, aver fondato un’azienda è molto diverso dall’averla ereditata in termini di motivazione. Occorre dunque tenere conto di questi gap e gestirli al fine di evitare tipici conflitti intergenerazionali come quelli tra la nuova generazione solitamente orientata a introdurre innovazioni e cambiamenti e la generazione senior tradizionalmente orientata a preservare quanto è stato costruito con fatica proteggendo lo status quo.
L’approccio giusto
Troppo spesso ci si focalizza su aspetti di natura tecnica o fiscale, lasciando in secondo piano aspetti più soft, di natura manageriale. Al contrario, per attenuare i fattori di rischio è importante, tra l’altro:
- definire principi e linee guida per affrontare la successione, formalizzando i requisiti minimi d’ingresso del futuro leader e comunicarli fin dalle fasi iniziali del processo, sia all’interno che all’esterno;
- investire nella formazione e nello sviluppo del leader attraverso programmi di coaching e mentoring;
- gestire in modo professionale l’intero processo dedicando tempo ed attenzione come per qualsiasi altro progetto di cambiamento aziendale.
Il passaggio generazionale rappresenta una delle tappe più delicate nella vita di un’impresa e solo attraverso una attenta ed adeguata gestione si potrà evitare di scrivere l’ultima triste pagina societaria. Per contribuire allo sviluppo economico dell’Italia diventa quindi importante, oltre a supportare la nascita di start-up e nuove imprese, anche supportare la sopravvivenza attraverso le generazioni delle imprese esistenti che costituiscono l’ossatura del sistema economico, ed auspico che i policy maker e gli altri soggetti della comunità politica e imprenditoriale prendano maggiormente a cuore questa tematica poiché il futuro del paese dipenderà anche dalla capacità di realizzare l’imminente ondata di passaggi generazionali in impresa. |