13/9/2019 Frode e arretrati, da Google un miliardo alla Francia Google paga 965 milioni di euro al fisco francese per chiudere l’inchiesta per frode fiscale pendente da 4 anni davanti al Parquet national financier.
Google paga 965 milioni di euro al fisco francese per chiudere l’inchiesta per frode fiscale pendente da 4 anni davanti al Parquet national financier. Dopo l’annuncio del pubblico ministero Pierre-Olivier Amadee-Manesme, che aveva chiesto e ottenuto dal tribunale una sanzione di 500 milioni di euro per il profit shifting in Irlanda dei redditi prodotti in Francia tra il 2011 e il 2016, l’azienda americana ha sorprendentemente raddoppiato l’offerta a titolo di «additional taxes», portandola a 965 milioni di euro. In una dichiarazione rilasciata alla Associated Press ieri sera, la società di Mountain View ha aggiunto comunque di «rimanere convinta che una riforma coordinata del sistema di tassazione internazionale sia il miglior modo per fornire un quadro chiaro alle aziende operanti in tutto il mondo». L’accordo con Google, che riconosce i fatti sottostanti all’inchiesta ma non contiene un’ammissione di colpevolezza, è stato approvato dal giudice Jean-Michel Hayat e diventerà definitivo se entro dieci giorni Google non farà marcia indietro. La soluzione francese segue di due anni e mezzo quella concordata nel maggio del 2017 tra l’algoritmo più famoso del web e la Procura della Repubblica di Milano. In quella circostanza Google staccò un assegno di 306 milioni di euro per chiudere il contenzioso tributario, e avviare verso la chiusura indolore l’inchiesta per evasione fiscale a carico di cinque suoi manager (quattro archiviati e un quinto che concordò una semplice multa). Nell’inchiesta del pm Isidoro Palma al gruppo di Mountain View era stato contestato di aver sottratto all’Erario tra il 2009 e il 2013, 98,2 milioni di imponibili Ires, grazie ad uno schema elusivo che aveva coinvolto una serie di società dislocate tra Irlanda, Paesi Bassi e Bermuda. Tornando Oltralpe, l’accordo con il Fisco parigino apre di fatto l’applicazione della nuova web tax francese. La normativa approvata nel giugno – e che aveva sollevato una questione diplomatica degli Usa al G7, crisi rientrata solo nei giorni scorsi – riguarda i cosiddetti “Gafa” (Google, Amazon, Facebook e Apple) ma di fatto colpisce una trentina di giganti internet del mondo (tra cui Alibaba, Airbnb, Booking, Zalando, Ebay, Twitter, Axel Springer) ed è attesa a un gettito di 400 milioni per il 2019 e 650 milioni nel 2020. L’obiettivo della legge è tassare le imprese che «creano valore aggiunto grazie agli internauti francesi», imponendo un prelievo pari al 3% dei ricavi dei gruppi che generano affari globali per più di 750 milioni di euro in totale e più di 25 milioni in Francia. Dopo la minaccia del presidente Usa Donald Trump di applicare dazi sui prodotti francesi, Parigi ha ulteriormente relativizzato l’efficacia della digital service tax (che già in origine sarebbe stata “tagliandata”nel 2023 alla luce dei nuovi accordi internazionali, con un meccanismo di eventuali compensazioni) stabilendo che gli effetti della tassa digitale a partire dal 2021 verranno confrontati con quelli determinati dall’imposta che l’Ocse presenterà il prossimo anno come tassa digitale globale unificata. |