23/11/2018 Italia giù di sei posizioni nel ranking del carico fiscale e contributivo Italia ancora giù nel terzo rapporto annuale «Paying taxes» stilato da Banca Mondiale e Pwc. Secondo i parametri scelti per la misurazione sul campione standard di una piccola/media impresa, l’Italia è al 118° posto ...
Italia ancora giù nel terzo rapporto annuale «Paying taxes» stilato da Banca Mondiale e Pwc. Secondo i parametri scelti per la misurazione (carico fiscale complessivo, tasse più contributi) sul campione standard di una piccola/media impresa, l’Italia è al 118° posto - su 190 - nella classifica generale, cedendo sei posizioni rispetto allo scorso anno.
Il carico fiscale complessivo nel 2017 risale al 53,1% (la media mondiale è del 40,4%, quella europea del 39,3%), aggiungendo 5 punti percentuali al dato del 2016, causa fine degli sgravi alle assunzioni che ha silenziato il beneficio dell’alleggerimento dell’Ires (scesa nel frattempo al 24%).
Nel rapporto «Paying taxes» viene calcolato anche il tempo speso per gli adempimenti fiscali - 238 ore, invariate rispetto al 2016, a fronte di un dato globale di 237 ed europeo di 161 ore - e il numero dei pagamenti, che resta pari a 14 rispetto a un dato globale di 24 pagamenti e un dato europeo di 12.
Il rapporto della Banca Mondiale e PwC evidenzia poi che 58 economie nei cinque continenti hanno registrato un decremento del carico fiscale sul reddito, mentre 39 hanno seguito un trend opposto; viceversa il carico contributivo sul lavoro si è ridotto in 17 Stati ed è aumentato in 39.
Per interpretare la classifica è però necessario considerare che sconta alcuni inevitabili limiti di omogeneità: per esempio l’Italia è l’unico Paese a contabilizzare il Tfr (trattamento di fine rapporto, sconosciuto agli altri ordinamenti). Inoltre al radar del Ttcr (carico fiscale complessivo) sfuggono altri indici importanti, dalla tassazione indiretta (Iva) a quella sulle persone fisiche ed altre peculiari (per esempio l’Irap italiana).
E a proposito di imposte indirette, in Italia le imprese impiegano 42 ore per la richiesta di rimborso Iva, incluso il tempo speso per rispondere alle richieste ricevute nel corso delle verifiche fiscali dell’Amministrazione finanziaria. Qui il gap con il resto del mondo è abissale, visto che è di 19,6 ore la media globale e di 7 ore la media a livello europeo. Non solo, il tempo di attesa del rimborso è di 62,6 settimane e copre un periodo di sei mesi (26 settimane) che intercorre tra l’acquisto del bene e la presentazione della dichiarazione Iva annuale (nel caso di studio condotto dal rapporto l'impresa non può richiedere il rimborso dell’imposta su base trimestrale). A livello globale il tempo stimato è di 29 settimane; a livello europeo 16,6 settimane.
Una comoda via d’uscita ci sarebbe, almeno per questo gap, considerato che «un'impresa - scrivono nella ricerca - preferirebbe ricorrere alla compensazione dell’Iva a credito, e non al rimborso, ottenendo la monetizzazione del beneficio fiscale in tempi più rapidi».
La classifica Bm/Pwc quest’anno non ha preso in considerazione gli Usa, alla vigilia della prima applicazione della riforma Trump entrata in vigore solo il primo gennaio scorso e con effetti perciò differiti al 2019. |